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Onore alla verità!
Lo scandalo di St. Pölten

Nel luglio del 2004, delle fotografie apparentemente compromettenti dei due responsabili del seminario diocesano di St. Pölten girarono in tutto il mondo, insieme alle voci di uno scandalo. Dietro iniziativa dei Vescovi austriaci, soprattutto del Cardinale Schönborn, fu nominato dalla Santa Sede un Visitatore Apostolico, S. E. Mons. Klaus Küng, membro dell'Opus Dei, che, poco dopo, diventò anche successore del Vescovo diocesano in carica.

L'idea di uno "scandalo" si consolidò, senza che questa voce fosse mai stata chiarita. I titoli principali dei giornali dovevano fare scalpore riportando le sconfitte nei processi dei responsabili del seminario e con presunte condanne pontificie. Al contrario, le notizie sulle cause vinte furono soffocate, fra l'altro quella della vittoria, con valore di legge, nell'ultima istanza del Prelato Ulrich Küchl nel dicembre del 2007.

Il libro "Onore alla verità! Lo scandalo di St. Pölten", pubblicato nel giugno del 2008 dal Kardinal-von-Galen-Kreis, prova fuor di dubbio che gli eccessi asseriti per il seminario diocesano di St. Pölten in verità non sono mai avvenuti. Al contrario, la voce di uno scandalo inventato fu messa in giro e diffusa in tutto il mondo su incarico di circoli ecclesiastici sinistro-liberali, senza occuparsi degli eventi reali. Quanto l'editore e il presidente del "Kardinal-von-Galen-Kreis", Reinhard Dörner, afferma nella prefazione, "con i metodi usati a St. Pölten, si può attribuire uno scandalo a ogni Vescovo e ogni prete", il che è supportato dagli articoli di esperti validi.

Il contributo della Dr. Gabriella Waste "La Chiesa prigioniera dei mass media e della sua gerarchia" (11-116) smaschera la causa St. Pölten e mostra che essa fu una costruzione raffinata dei mass media, senza che vi fosse un evento correlativo nella realtà.

Il cap. 1 commenta il presupposto dell'innocenza degli imputati, che, nel caso di St. Pölten, venne trascurato a tutti i livelli, anche all'interno della Chiesa.

Il cap. 2 riassume gli eventi reali: p. e., l'opposizione, all'interno della Chiesa, contro la nomina di Mons. Kurt Krenn Vescovo diocesano di St. Pölten, e il suo tentativo di rinnovare la formazione sacerdotale, che fu sabotato da certi gruppi ecclesiastici, col sostegno dei Vescovi austriaci, attraverso notizie false di abuso sessuale indirizzate alla Santa Sede. Il Visitatore Apostolico però, mandato – secondo quel che si diceva – per sistemare lo "scandalo", con la sua attività suscitò l'impressione di cercare soltanto del materiale "aggravante" contro Mons. Krenn e i responsabili del seminario.

Il cap. 3 prova, a base di notizie pubblicate sulla rivista "News" e sul "Kurier", che vi fu un atto di sabotaggio coordinato. A concludere dalle sue deposizioni, l'ex seminarista Remigius Rabiega, omosessuale dichiarato e nello stesso tempo l'unico teste d'accusa contro Mons. Krenn e i due responsabili del seminario, ha fornito ai responsabili della Chiesa d'Austria delle notizie su "scandali". Per quanto si può ricostruire dalle notizie della stampa, l'allora Nunzio Apostolico in Austria, S. E. Mons. Georg Zur, ma soprattutto il Cardinale Schönborn, hanno trasmesso queste notizie false alla Santa Sede, presentandoli come fatti reali.

Il cap. 4 ("La Chiesa mantenuta in ostaggio dal Cardinale Schönborn con l'assistenza dei media") illustra il procedere con cui si costrinse la Santa Sede a deporre Mons. Krenn: il Cardinale Schönborn presentò le fotografie apparentemente compromettenti dei due responsabili del seminario, tolte dal contesto, ad alcuni Cardinali della Curia Romana, come prova di uno "scandalo sessuale" che andava sistemato. Con richiamo al "bene della Chiesa" Mons. Krenn doveva ritirarsi. Questa massima del Cardinale Re, alleato più stretto del Cardinale Schönborn, significa: soltanto all'apparenza di uno scandalo un Vescovo non conforme al "main-stream" deve ritirarsi; la gerarchia risparmia contrarietà e ricerche approfondite per trovare la verità. Tramite la nomina del Visitatore la ricerca della verità fu bloccata, mentre la destituzione del Vescovo era già anticipata dai poteri supremi.

Il cap. 5 spiega i meccanismi di costruzione e di scomponimento dello scandalo asserito. La struttura dello scandalo, sistematicamente inscenato dai media, assomiglia a un fotomontaggio che mette in fila alcuni quadri dandogli un titolo (p. e. "scandalo"), senza che vi fosse un concreto, coerente evento corrispondente nella realtà. In un'analisi testuale questo scandalo si può scomporre con un'analisi dei campi semantici e dei discorsi.

Il cap. 6 analizza, in base al campo semantico del termine "innovazione", lo scopo principale della visita apostolica, cioè di costringere Mons. Krenn a ritirarsi. Gli agenti di questo campo semantico sono il Cardinale Schönborn, alcuni abati della diocesi di St. Pölten, ma soprattutto il Visitatore e nuovo Vescovo diocesano Dr. Klaus Küng. Vi è soltanto un fattore a bloccare l'"innovazione" e di conseguenza la legittimità della sua nomina: il presupposto dell'innocenza in favore di Mons. Küchl e di Dr. Rothe, che andava minato con tutti i mezzi possibili.

Il cap. 7 analizza il cosiddetto "discorso connettivo", l'"atmosfera omosessuale", e la sua assurdità. Dalle analisi semantiche e semiotiche risulta che, secondo la logica inerente alla lingua, un'"atmosfera omosessuale" non è concepibile. Alla fine l'omosessualità, secondo la definizione di Mons. Küng, ovviamente impregnata da interessi di politica ecclesiastica, cioè come collegamento di caratteri genetici e comportamenti discriminanti, si rivela come discorso razziale distruttivo.

Il cap. 8 definisce i meccanismi di costruzione dello scandalo asserito: tramite una difettosa coerenza dei testi e delle asserzioni prive di contesto i mass media crearono l'idea di uno scandalo. In una "zone grigia di distorsione della lingua" le parole e i concetti furono falsati. Inoltre, risulta il sospetto fondato che i mass media agirono dietro l'incarico di almeno alcuni Vescovi austriaci.

Il cap. 9 analizza lo scandalo in base alla ricerca sugli effetti dei media. Lo scopo essenziale della campagna iniziata dai media, almeno con l'approvazione implicita di alcuni Principi di rango della Chiesa, fu dunque una profanazione della Chiesa, col tentativo di far credere all'utente dei media che "anche nella Chiesa c'è omosessualità!"

Il cap. 10 analizza la causa di St. Pölten dal punto di vista giuridico. In base alle ricerche dell'autrice si può supporre che le sentenze dei tribunali civili sono altrettanto nulle come il procedimento ecclesiastico, poiché tutte e due non partono dal presupposto dell'innocenza, ma dall'anticipazione della colpa.

Nel processo davanti al tribunale penale di Vienna, il parere a discarico di un esperto non fu neanche accettato. La corte d'appello riprese questa sentenza senza esaminare il caso.

I cosiddetti "decreti penali" di Mons. Küng contengono almeno dieci errori formali e sono, inoltre, privi di un fondamento giuridico. Come già esposto dettagliatamente, il Visitatore aveva mandato alla Santa Sede delle notizie tendenziose, staccate dal contesto, e possibilmente anche delle bugie. Inoltre, con nuove inquisitorie si cercò di costringere gli allora seminaristi a fare false deposizioni, fatto che loro stessi misero poi a verbale. Il procedimento della Curia Romana, cioè di far confermare dal Santo Padre la non-accettazione dei ricorsi, fu il freno d'emergenza attuato per soffocare il processo e per salvare la Sede episcopale di Mons. Küng.

Prof. Dr. Wolfgang Waldstein, nel suo contributo, "sentenze promulgate in base alle ‘convinzioni politiche e morali' dei tribunali", illustra la nullità delle sentenze promulgate dai tribunali austriaci in questa causa: la giudice del tribunale penale, tramite le deposizioni dell'unico teste d'accusa, Rabiega, il quale parecchie volte si era dimostrato bugiardo spergiuro, intese soltanto veder confermati i suoi pregiudizi contro la Chiesa Cattolica.

Il "parere professionale sull'omosessualità" di Prof. Michael Dieterich, esperto di psicologia, illustra il carattere sospettoso dei criteri di Mons. Küng per la diagnosi di omosessualità, cioè mani umide, certi colori e odori. Conclusione: di omosessualità si può parlare soltanto se essa viene praticata. Di conseguenza, tutta la visita apostolica è messa in questione.

La perizia fotogrammetrica di Prof. Peter Waldhäusl prova fuor di dubbio che la "scena di bacio", diffusa in tutto il mondo, non è altro che un saluto liturgico.

Una tavola cronologica permette al lettore di orientarsi, anche se non conosce in dettaglio la causa St. Pölten.

Un'appendice con dei documenti conferma l'esattezza delle analisi, specialmente del primo contributo.

Il libro conclude con "note dell'editore al decreto romano", cioè con note alla decisione della Congregazione per il Clero del 5 marzo 2008. Reinhard Dörner chiede, a ragione, che la causa sia chiarita in base al diritto canonico, il che finora non è avvenuto.

  

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